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I būrai

Il termine būras (plurale būrai) deriva del tedesco dialettale būr, versione ‘prussiana’ del tedesco Bauer “contadino”. Con tale termine non venivano indicati i semplici contadini, bensì i servi della gleba. Com’è noto, essi erano legati ad un pezzo di terra, che dovevano lavorare per conto di un proprietario nobile, pagando oltretutto un fitto e svolgendo periodici lavori non retribuiti (le corvée). Si era servi della gleba per nascita e non si poteva divenire liberi senza il consenso del proprietario del terreno. Mentre in Europa occidentale questo istituto era già quasi completamente scomparso nel XV secolo, esso perdurò molto più a lungo nei paesi orientali. Nella ex Prussia Orientale il percorso di abolizione si è concluso soltanto agli inizi dell’Ottocento.

I būrai – che all’epoca di Donelaitis occupavano il gradino più basso della scala sociale – possono essere considerati i veri protagonisti del poema Metai. Se è vero che il termine corrisponde all’italiano servo della gleba, nella traduzione qui presentata si è scelto in vari passi di mantenere il termine originale (p. es. Le gioie della primavera, vv. 124, 219, 327). Questo perché esso è così caratteristico del lessico di Donelaitis e del contesto storico-geografico da lui rappresentato, da potersi ritenere una caratteristica stilistica. Tradurlo avrebbe significato perderne la ricchezza di richiami e rimandi interni al mondo di Metai.