La vita
La nascita e la famiglia
Kristijonas Donelaitis nacque il 1 gennaio 1714 nel piccolo villaggio rurale di Lazdynėliai, circa 5 km a est di Gumbinė (odierna Gusev). Quest’ultima cittadina era il centro di uno dei numerosi distretti amministrativi nei quali era suddivisa la Prussia Orientale (o Lithuania Minor – Piccola Lituania).
Il padre di Kristijonas, Kristupas, era un contadino libero. A differenza dei cosiddetti būrai, cioè dei servi della gleba, i contadini liberi avevano diritto di proprietà sulla terra che lavoravano e non erano costretti alle corvée, ma dovevano pagare una tassa pecuniaria. Dunque, per quanto più fortunata di molte altre, quella di Donelaitis era una famiglia poco agiata. Ad aggravare la situazione, si aggiunse il fatto che il padre morì presto, intorno al 1719, lasciando la moglie sola con sette figli. Kristijonas aveva 5-6 anni. Per il resto, della sua infanzia abbiamo poche notizie. Si può però immaginare che in famiglia si respirasse un’aria di intraprendenza, dal momento che vari fratelli si distinsero in seguito per ingegno e talento. Ad esempio, Fridrikas divenne un noto orefice nella capitale, Königsberg, e fu anche il primo in tutta la Prussia a costruire un pianoforte. Questa passione per la tecnica e le costruzioni sarà poi condivisa anche da Kristijonas.
La madre, rimasta sola a provvedere alla numerosa famiglia, mandò Kristijonas a studiare nella capitale. Così, ancora bambino, il futuro poeta radunò le sue poche cose e si separò dalla famiglia per affrontare gli oltre 120 chilometri che lo separavano da Königsberg.
L’arrivo a Königsberg e gli anni della scuola
Giunto a Königsberg (l’odierna Kaliningrad), pare che abbia frequentato una scuola per poveri, dove imparò a leggere, scrivere e fare di conto. Partecipando alle preghiere, apprese anche l’arte del canto liturgico. In quegli anni, Königsberg era una realtà molto vivace sia dal punto di vista commerciale che culturale. Costituita da tre centri indipendenti successivamente unificati, la città era un pullulare di botteghe di mercanti e strette viottole, il suo fiume era solcato da numerose imbarcazioni, dalle passeggiate lungo i moli si potevano seguire le vivaci attività del porto e udire le più svariate lingue: inglese, svedese, olandese.
Alla soglia dei suoi diciassette anni lo attendeva il temibile Collegio Albertino: una delle sei scuole di latino presenti allora in città, per l’esattezza sull’isola di Kneiphof. Qui gli allievi, educati in un sistema di ferma disciplina e di rigida laboriosità, seguivano fino a otto ore di lezione al giorno. Un’ampia parte degli insegnamenti era occupata dalle materie teologiche, il resto si suddivideva fra lingue, retorica, logica, poesia, musica, geografia, matematica e geometria. Un posto di assoluto rilievo occupava il latino, che si doveva saper scrivere e parlare. Gli studenti dovevano imparare a redigere lettere, sermoni e poesie. Dovevano padroneggiare il latino al punto da tenere discussioni in lingua. Oltre a questo, venivano studiati il greco e l’ebraico per avere accesso diretto alle Sacre Scritture. La scuola prevedeva inoltre altre materie facoltative nonché attività pratiche e di laboratorio. Erano invece ridotte al minimo le occasioni ricreative, dal momento che una prescrizione abolì dapprima gli spettacoli scolastici ed in seguito anche le vacanze estive.
Questi anni scolastici furono caratterizzati dal grande impegno nello studio ma anche dalla preoccupante indigenza. Per sbarcare il lunario, Donelaitis si dedicava a vari lavoretti. Uno era cantare, con il coro degli studenti, ai funerali cittadini. Un altro era servire ai tavoli della mensa studentesca universitaria. Qui, invece che denaro, riceveva gli avanzi dei pasti. In circostanze più drammatiche, insieme ad altri studenti chiedeva persino la carità per strada. Stando alla testimonianza di Albertina, una nipote di Donelaitis, lo zio in vecchiaia amava ricordare un aneddoto: tanto era dura la vita negli anni da studente in quella scuola, che una volta, sfinito dagli stenti e dalla spossatezza, cadde a terra privo di sensi.
L’università
Nella primavera del 1736 Donelaitis terminò la scuola di Kneiphof. Essendosi evidentemente distinto nei risultati scolastici, nell’autunno di quello stesso anno fu accettato come matricola nella facoltà di Teologia. Abbiamo un documento che attesta il suo nome nella lista dei nuovi iscritti alla facoltà. Ebbe un posto nello studentato universitario (privilegio riservato solo ai migliori 30 allievi) dove visse insieme all’amico e compagno di studi J. Sperber (1712-1770), con cui resterà in stretti rapporti per tutta la vita.
All’università, oltre agli studi teologici, Donelaitis ebbe modo di perfezionare la conoscenza delle lingue classiche. Venivano poi impartite lezioni di poetica, di musica, oltre che matematica e scienze naturali. Il tutto avveniva in latino. In aggiunta a questo, un regolamento interno obbligava gli allievi provenienti da zone lituanofone della Prussia Orientale a seguire un seminario di lingua lituana. (Questo per garantire che, una volta divenuti pastori, potessero efficacemente tenere i sermoni nella lingua del popolo.) Così anche Donelaitis, benché parlante madrelingua, seguì il seminario, che in quegli anni era tenuto dal professor Franz Schultz, a sua volta passato alla storia come maestro di Immanuel Kant.
In quegli anni Donlaitis ebbe senz’altro modo di stare a stretto contatto con la letteratura classica, che veniva studiata come esempio di bello stile. In particolare veniva analizzato il De arte poetica di Orazio, si leggevano Omero, Ovidio, Virgilio. L’ampia biblioteca universitaria di Königsberg disponeva poi di molte opere di Cicerone, Esiodo, Esopo, Fedro, Eschilo, Sofocle, Euripide, ecc. L’influenza degli studi classici si rifletterà nelle future scelte stilistiche e metriche del poeta. Un’altra materia obbligatoria era teoria della musica. Anche dal punto di vista musicale, Königsberg offriva molto in termini di concerti, serate corali e festival. Accanto alla poesia, la musica resterà per tutta la vita una delle attività più amate dallo scrittore.
Tirando le somme sull’esperienza universitaria, quei quattro anni permisero al giovane di approfondire le proprie conoscenze e ampliare gli orizzonti culturali. Tuttavia, gli mancava ancora l’esperienza della vita vera, al di fuori dei circoli universitari e del protettivo mondo accademico. I modelli pedagogici dell’epoca erano influenzati dall’ideologia del Regno: l’accettazione dello status quo, il rispetto verso le istituzioni feudali, il culto del sovrano. Nella letteratura d’occasione dell’epoca, la vita delle campagne era era un topos letterario trattato nei termini di un idillio agreste, punteggiato da vezzose descrizioni paesaggistiche e scene d’amore pastorale. Terminati gli studi, l’ex studente fu scagliato in una nuova realtà, a stretto contatto con la vera vita del popolo, le sue avversità, fatiche, ingiustizie. Era il 1740. Donelaitis era ormai un uomo.
Gli anni di Stalupėnai
Nel luglio del 1740, appena conclusi gli studi, Donelaitis venne mandato nella scuola di Stalupėnai, una paese distante una ventina di chilometri dalla nativa Lazdynėliai. Qui gli fu affidato il ruolo di cantore, ovvero insegnante di musica e direttore del coro dei bambini (il che è una dimostrazione del suo talento nell’ambito musicale). Donelaitis non poteva ancora svolgere le funzioni di pastore in quanto non aveva ancora sostenuto gli esami necessari. Per spiegare questo fatto si deve pensare che in quel periodo non vi fossero parrocchie vacanti. Il regolamento, infatti, vietava ai candidati di sostenere gli esami prima che fosse stata loro assegnata una parrocchia.
Nel frattempo, Donelaitis si dedicò con passione e dedizione all’insegnamento. Guadagnatosi in fretta la stima dei colleghi, dopo appena due anni di servizio fu nominato rettore della scuola. È sicuramente qui che conobbe Anna Regina Ohlefant, vedova del precedente rettore della scuola e sua futura moglie.
L’esperienza di Stalupėnai fu importante anche perché pare che a questo periodo risalgano le prime prove poetiche dello scrittore. Ludwig Rhesa, primo editore di Donelaitis, testimoniò di aver trovato dei frammenti di poesia in esametri risalenti ai primi anni ’40. Anche se non è sicuro, è tuttavia molto probabile che si tratti delle Favolette.
Il pastore di Tolminkiemis
Quando, nel maggio del 1743, Donelaitis ricevette una lettera che lo invitava a preparare gli esami per diventare pastore, probabilmente ne restò sorpreso. Si era liberato un posto nella parrocchia di Tolminkiemis, pertanto doveva affrettarsi nella capitale per ottenere l’abilitazione. Non volendo lasciare i suoi allievi anzitempo, rimandò la partenza a dopo la fine dell’anno scolastico. Dedicò circa tre mesi alla preparazione degli esami, che sostenne e superò in ottobre. Il 24 novembre il decano Hahn lo nominò ufficialmente pastore della chiesa di Tolminkiemis.
Si apriva così una nuova stagione nella vita del poeta. Tolminkiemis (oggi Čistyje Prudy) si trovava non molto distante dai suoi luoghi natali, in un contesto paesaggistico molto bello, caratterizzato dal territorio ondulato e dalle vicine foreste di Rominta, una enorme riserva naturale attraversata da corsi d’acqua e abitata da animali selvatici. La parrocchia, fondata sul finire del Cinquecento, aveva un territorio di pertinenza piuttosto ampio e storicamente abitato da lituani. Tuttavia, negli ultimi anni il tessuto sociale si era andato modificando tanto che, all’arrivo del nuovo pastore, solo un terzo degli abitanti era lituano, mentre il resto della popolazione era per lo più costituito da immigrati e coloni tedeschi. I lituani vivevano in condizioni disagiate, spesso soggetti a servitù ed emarginazione. Questo contesto contribuì a fare appassionare Donelaitis alla causa dei propri connazionali.
Oltre che parroco zelante, fu anche un abile amministratore. A Tolminkiemis non aveva ricevuto soltanto la parrocchia, ma anche i relativi terreni coltivabili, una fattoria di circa 37 ettari. Entrò così per la prima volta in contatto diretto con i lavori agricoli, indispensabili per il sostentamento. Gli fu d’aiuto, soprattutto nel primo anno, l’amico Sperber, il quale pochi anni prima aveva vissuto proprio a Tolminkiemis lavorando come direttore scolastico e responsabile del coro.
L’11 ottobre 1744, ad un anno dal trasferimento, Donelaitis sposò Anna Regina. I due non ebbero mai figli. Per il resto dei suoi giorni, Donelaitis visse qui ed ebbe poche occasioni di allontanarsi. L’unica circostanza che tenne Donelaitis lontano da Tolminkiemis fu la l’invasione della Prussia da parte della Russia (1757) in occasione della guerra dei sette anni. Questo evento costrinse il pastore, insieme a molti dei suoi parrocchiani, a rifugiarsi per qualche settimana nelle foreste di Rominta.
Quanto alle mansioni di parroco, sappiamo che le svolse fino alla morte con grande dedizione e competenza. Date le condizioni già ricordate, doveva tenere le funzioni mattutine in tedesco e quelle pomeridiane in lituano. Si occupò anche delle necessità materiali della parrocchia. Innanzitutto, fece costruire una nuova chiesa in pietra (1756) al posto della vecchia. Pochi anni dopo la scuola del paese andò a fuoco, egli provvide subito a farla ricostruire. Si adoperò anche per la ristrutturazione dei locali della canonica ed infine fece costruire a proprie spese una casa per le vedove dei parroci (1764). Questa costruzione fu donata alla parrocchia ed ospitò proprio Anna Regina, che sopravvisse al marito per 15 anni.
Il periodo più sereno della vita del poeta fu il decennio 1765-75. È a questi anni che si fa risalire la composizione del suo grande capolavoro poetico: i quattro canti del poema Metai, dedicati ciascuno ad una stagione dell’anno. Oltre che alla poesia, si dedicò alla musica e alla tecnica. Come testimoniano le sue lettere, amava costruire barometri, lenti ottiche, orologi e strumenti musicali.
Gli ultimi anni della vita dello scrittore furono turbati dallo scontro legale con T. Ruhig, amministratore delle proprietà reali per conto di Federico II. Questi voleva praticare la separazione fra i possedimenti reali e i pascoli del villaggio. Donelaitis al principio non era contrario al progetto, ma quando si comprese che la sua attuazione consisteva nell’appropriazione da parte di Ruhig dei terreni migliori, il pastore si oppose con forza. Le lettere rimasteci, indirizzate alle autorità di Gumbinė e di Königsberg, testimoniano la passione con cui egli prese a cuore le sorti dei contadini lituani.
Superata la soglia dei sessant’anni, lo scrittore iniziò ad accusare i segni dell’età e probabilmente di qualche malattia. Morì il 18 febbraio 1780, all’età di 67 anni. Fu seppellito nella “sua” Tolminkiemis, dove aveva trascorso più di metà della propria vita.